Nel Medioevo la
moda non era dettata solo dalla necessità di difendersi contro
gli effetti del clima o alla praticità per l'attività lavorativa
svolta, era prima di tutto un segno inequivocabile della classe
sociale di appartenenza. Ciascuno doveva indossare gli abiti del
proprio rango senza oltrepassare i limiti fissati. L'ordine
sociale costituito doveva rimanere tale anche nelle apparenze,
la trasgressione, in tutti i settori della società, non veniva
tollerata, anzi diventava pretesto per diffidare di chi la
praticava.
La rinascita economica e commerciale, che ebbe inizio in Europa
nel XI secolo, determinò un cambiamento nel gusto e nellamoda
dell'epoca. Si registra prima di tutto un notevole sviluppo
dell'industria tessile, molti centri italiani fra cui Genova,
Firenze e Lucca diventano i maggiori produttori di seta, tessuto
molto ricercato e adoperato per confezionare abiti di lusso. Le
manifatture si moltiplicano e in pochi anni l'artigianato
italiano, nel settore tessile, assume un ruolo predominante a
livello europeo.
Tra XI e XIII secolo la moda italiana risente fortemente
dell'influenza bizantina, soprattutto lungo la costa adriatica e
l'Italia meridionale in cui la presenza greca era stata costante
per tutto l'alto medioevo. In seguito alla conquista normanna,
avvenuta nel XI secolo in Italia meridionale, alle tendenze
stilistiche bizantine si unirono le novità della moda francese
che modificarono, solo in parte, il gusto dell'epoca. Le corti
palermitana e messinese erano note in tutta Europa per i tessuti
ricamati con le pietre preziose che venivano applicate sulle
tuniche e sui mantelli. Le tecniche di lavorazione erano
segrete, condizione essenziale affinché i manufatti fossero
considerati"esclusivi", gli stessi tessitori, considerati alla
pari degli artisti, erano chiamati a preservare il "mistero"
delle raffinate e antiche tecniche. I vestiti della corte erano
vere e proprie opere d'arte, il guardaroba regale di Ruggero II
e di Guglielmo il Buono comprendeva tuniche in seta, mantelli
ricamati in oro, perle, filigrane e smalti.
Ma cosa diversa era il guardaroba degli abitanti del regno:
popolazione cosmopolita composta da arabi, siciliani, greci,
normanni, ebrei, crociati e pellegrini di passaggio per la Terra
santa.
Dagli atti e dalle cronache di epoca federiciana sappiamo che
l'abito femminile era composto da tre capi: la camicia
(testimoniata a Bari a partire dal 1021 con il nome di càmiso),
la tunica (o gonnella) e la guarnacca(sopraveste).
La camicia, detta anche interula o sotano era una specie di
sottoveste lunga fino ai piedi, confezionata solitamente, per i
vestiti più semplici, in lino e cotone leggero. Il tessuto
variava a seconda delle possibilità economiche della cliente, le
donne di alto rango sociale tendevano a impreziosire gli abiti
con guarnizioni ricamate o liste di tessuto frappato (in frange)
lungo i bordi e la scollatura, solitamente quadrata. La camicia
era priva di bottoni, ed erano sconosciute le tasche. La moda
dei bottoniin oro, argento e pietre preziose nasce in Francia
nel XIII secolo per poi diffondersi lentamente in tutta Europa.
Sulla camicia le donne infilavano la tunica, un abito lungo, di
tradizione bizantina dalle maniche molto larghe, che spesso
aveva dei profondi spacchi sui fianchi per lasciare intravedere
la camicia sottostante di diverso colore. Le tuniche delle donne
nobili erano confezionate in zendàli (seta simile al taffetà),
broccati (velluti impreziositi da fili d'argento e d'oro), e
applicazioni di perle e pietre preziose. Tessuti che di certo le
donne del popolo e delle campagne non potevano assolutamente
permettersi. Queste ultime adoperavano tessuti semplici come
lino e cotone, d'inverno si coprivano con abiti in lana, il cui
modello di base rimane lo stesso.
La guarnacca era una sopraveste, aperta sul davanti, con maniche
ampie pendenti fino all'orlo foderate di pelliccia, il pelo
infatti era rivolto verso il corpo, mentre il lato esterno
veniva ricoperto di tessuto.
Gli abiti femminili erano fermati in vita da cordoncini annodati
o cinture di stoffe ricamate e ornate di laminette d'oro o
dipinte con smalti.
Accessori fondamentali erano i copricapi, il modello più diffuso
era la corona turrita, una fascia circolare su cui si
appoggiavano merli con applicazioni di pietre e perle.
Un'acconciatura comune era realizzata con bende o nastri, detti
anche intrezatorium, che venivano intrecciati nei capelli.
A Venezia nel XIII secolo nasce un copricapo che avrà molta
fortuna in tutto il Medioevo l'hennin, a forma di cono rigido,
in velluto o in seta, al cui vertice veniva applicato un velo o
un pizzo. Le fate delle fiabe di origine medievale, infatti,
vengono tutt' oggi rappresentate con questo copricapo.
La vera novità della prima metà del Duecento è la tunica che si
allunga sul dietro a formare lo strascico:
(…) di canno ti vististi lo 'ntaiuto (strascico)/ Bella di quel
jorno son feruto (…)
così cantava Cielo d'Alcamo nel noto Contrasto, sottolineando la
particolarità dell'abito della donna amata.
Gli abiti maschili nei primi secoli del basso medioevo non si
differenziano molto da quelli femminili:
La tunica, a tinta unita, poteva essere di varie lunghezze, per
i poveri non doveva superare il ginocchio. Priva di bottoni, la
tunica prevedeva una scollatura a punta sul davanti.
Sulla tunica gli uomini infilavano la guarnacca, sopraveste
senza maniche con cinture di vario tipo in metallo o corda, un
capo della cintura pendeva fino all'orlo. In inverno si
adoperavano lunghi mantelli trattenuti sul petto da lacci,
novità di origine franca.
Tuttavia rimase l'uso di indossare sopra la tunica, in inverno,
un giubbotto di pelle con il pelo verso l'esterno. Accanto a
tessuti pregiati come il velluto e la seta, il basso medioevo
eredita la passione per le pelli e le pellicce, largamente usate
in epoca altomedievale. Il commercio e la produzione del cuoio
rimasero, dunque, uno dei settori principali anche dell'economia
tardo medievale.
La grande necessità di materia prima, cioè di pelli di animali
di diverso tipo, veniva soddisfatta dall'utilizzo delle pelli
degli animali macellati per uso alimentare, in prevalenza
agnelli e capre. Ma la richiesta sempre maggiore di capi d'alta
sartoria e di qualità superiore, fecero crescere l'industria dei
pellami pregiati: di bufalo, cavallo, camoscio, cammello,
coniglio, cervo, lupo. Il commercio del pellame pregiato
avveniva prevalentemente per via mare, o attraverso i fiumi
nell'Europa centro-settentrionale. I principali mercati e punti
di rifornimento erano la Spagna, il Nord d'Africa, l'Oriente e
le Fiandre, in Italia avveniva prevalentemente la conciatura e
la lavorazione del pellame grezzo o semi lavorato.
Gli abiti adoperati per l'inverno come cappe e mantelli erano,
nella maggior parte dei casi, imbottiti o predisposti ad
esserlo. Le cappe femminili, ampie ed avvolgenti avevano la
superficie fra le spalle e la cintura rivestita con pance di
vaio, noto anche come scoiattolo siberiano, animaletto dalla
pelliccia pregiata. L'uso delle pellicce di vaio e di candido
ermellino distingueva l'élite delle corti, mentre le pelli di
agnello e montone erano diffuse tra nobiltà minore e cavalieri.
I capelli venivano portati dall'uomo di media lunghezza, con la
frangia a metà della fronte e,fermati da cerchi, venivano
raccolti in piccole cuffie (Infulae).
Le calzature erano confezionate in cuoio e in genere con pelle
d'agnello. I poveri adoperavano zoccoli in legno o generalmente
pianelle; le raffinate scarpe a punta in tessuto colorato e
suolate all'interno erano esclusiva delle classi sociali
elevate. Accessori importanti nella moda maschile erano le borse
realizzate in cuoio, in forma rettangolare (scarselle),
trapezoidale (elemosiniera), a forma di bisaccia, tipologia
particolarmente usata dai pellegrini in viaggio, o sotto forma
di eleganti valigie per la clientela raffinata. Le scarselle
venivano legate alle cinture, confezionate in cuoio con
applicazioni metalliche.
Nel XIV e XV secolo la moda francese ha larga diffusione in
Italia, anche se il popolo rimane comunque estraneo alle
trasformazioni del gusto. I più recettivi, in questo senso, sono
sicuramente la borghesia e l'aristocrazia, che alla moda
raffinata unirono la ricercatezza negli arredi delle case.
Le trasformazioni più importanti sono legate ai tessuti
adoperati, molto più ricercati, molto più preziosi: gli abiti
diventano fastosi. Velluti, broccati, damaschi e seta, questi
sono i materiali più utilizzati. Per le donne resistono le
guarnacche, ora senza maniche, aperte sui fianchi, mostrano il
colore dell'abito sottostante. Il capo viene imprigionato da
pettinature sempre più complicate, a volte bizzarre: semplici
corone stilizzate legate al viso da un velo o da una retina che
contiene i capelli, cerchi metallici con velo, o turbanti di
velluto imbottiti posizionati di traverso sulla fronte. A
partire dal XV secolo si diffuse la moda della cuffia con i
prolungamenti, tipo corna, ai due lati del volto, che nei casi
eccessivi, potevanoraggiungere i trenta cm di lunghezza.Le
acconciature più usuali, anche tra le donne del popolo, erano
realizzate con ghirlande di fiori,retine di perle, nastri
arricchiti da pietre o gemme. Il colore biondo per i capelli era
molto di moda, così come i posticci e gli uomini sbarbati.A
partire dal Quattrocento gli abiti maschili si accorciano, le
calze si allungano fino ai fianchi e diventano bicolore, viene
indossato al posto della tunica il giustacuorelungo o meno
lungo, scollato fino alla vita ma con un largo risvolto in
tessuto diverso trattenuto da un cordoncino che passava negli
occhielli. Si diffonde la moda per le maniche tagliate
verticalmente che permettono alla camicia sottostante di uscire.
Gli abiti erano spesso imbottiti con fieno che allargavano
spalle e torace, la vita stretta da cinture con borchie
metalliche. Gli abiti più ricchi presentavano i risvolti in
pelliccia. Per gli uomini si diffonde la moda dei cappelli la
cui varietà è per l'epoca impressionante: turbanti, coni, a
cilindro con la tesa larga, a cuffia, cappucci, berretti di
pelle e di tessuto (il velluto è il materiale più adoperato). Il
copricapo più diffuso era sicuramente il mazzocchio, cappello
con un lembo appuntito che scendeva sulle spalle. Per le donne
si diffonde l'uso del cerchio di borra (lana grezza) coperto da
un panno colorato che gira a fascia intorno alla testa.
Gli abiti femminili subiscono nel XV secolo un radicale
cambiamento: nasce il bustino attillato e alto, irrigidito da
stecche di legno o avorio; la scollatura diventa profonda. Dal
bustino si staccava la gonna drappeggiata e arricciata, spesso
rialzata con ganci d'oro o d'argento. Le maniche lunghe erano
attaccate alle spalle con cordoni che spesso terminavano con
fermagli, infilati in occhielli aperti nell'abito. Come
nell'abito maschile, si diffonde l'uso dei tagli sulle maniche
verticali e orizzontali da cui usciva a sbuffi la camicia. Lo
strascico degli abiti importanti si appesantisce e si allunga.
La differenza tra un abito raffinato e un abito mediocre non era
dato dal modello quanto dal colore. Nel XIV e XV secolo alcuni
colori come il verde erano adoperati esclusivamente dagli
esponenti dei ceti alti, cortigiani e signori. Alle popolane era
vietato l'uso di colori sgargianti, anzi nella maggior parte dei
casi gli abiti poveri si distinguevano dal colore grezzo,
tessuti cioè che non avevano subito la tintura, uno dei momenti
più delicati della manifattura delle stoffe.
Chi poteva, invece, indossava abiti dai colori decisi: il più
prezioso era lo scarlatto, il morello era un colore paonazzo
scuro, il lionato (giallo fulvo) era molto ricercato e
l'alessandrino (azzurro screziato) andava per la maggiore.
Anche i tessuti indossati in realtà rivelavano l'origine sociale
di chi li indossava: il panno balveto era adoperato dagli
operai, il bianchetto dai frati, il perso (di color nero
tendente al rosso) dai cavalieri e il vergato (tessuto rigato)
era destinato ai servi, ai messaggeri e ai garzoni.
Nel Quattrocento prevale il tessuto lavorato (velluto e seta in
prevalenza) con decorazioni floreali, che all'astrattezza delle
figurazioni orientali univano la tendenza naturalistica
dell'arte occidentale. Il motivo più ricorrente era quello del
frutto del melograno, unito al cardo e al fiore di loto.
Le scarpe per gli uomini potevano essere a punta o a forma
quadrata nell'estremità, diffusi erano gli stivaletti in pelle
alti al polpaccio. Le donne preferivano scarpe basse chiuse alla
caviglia o allacciate con un passante; dalla Francia si diffonde
l'uso della pantofola.
L'abito non era indispensabile solo per evidenziare la categoria
sociale di appartenenza, a volte diventava necessario per
emarginare o etichettare determinate categorie "umane"
considerate pericolose: le meretrici, i lebbrosi e gli
appartenenti a minoranze etnico-religiose come gli ebrei e i
saraceni erano obbligati ad indossare i segni distintivi
dell'infamia.
Per quanto riguarda le meretrici, disprezzate a causa del lavoro
condotto, per ovvi motivi, ma ben tollerate all'interno della
società,l'Imperatore Federico II imponeva, nel suo Regno, la
netta separazione fra le donne oneste e quelle pubbliche
obbligando queste ultime ad indossare una veste corta sfrangiata
nel basso affinché fossero immediatamente riconoscibili e non
fossero confuse con le altre donne. In Francia invece le
prostitute erano costrette ad indossare, sull'abito o fra i
capelli, un nastrino rosso (anguilette), questo segno distintivo
aveva una duplice funzione: distinguere la donna dalle altre
"oneste" e garantire ai clienti una fornicazione qualificata.
Alla pari di tutti gli altri marginali anche il lebbroso era
costretto ad indossare i segni della diversità: il suo passaggio
era annunciato da lontano dal suono di sonagli o dal rumore
provocato dalle maniglie mobili di ferro della battola; era
inoltre obbligato ad indossare un cappuccio e un colletto di
stoffa bianca, affinché la sua diversità fosse immediatamente
visibile.
Nel 1221 l'Imperatore emanò le Assise di Messina in cui
presentava l’editto generale riservato ai giudei affinché
portassero abiti particolari per distinguerli dai cristiani, i
tratti distintivi erano il colore celeste per gli abiti e
l'obbligo di portare la barba solo per gli ebrei adulti. Questa
legge non era certo una novità, infatti già nel 1215 il IV
Concilio Lateranense aveva emanato delle norme per isolare le
comunità ebraiche da quelle cristiane, obbligando Ebrei e
Saraceni ad indossare abiti particolari:" …costoro di ambedue i
sessi, in ogni provincia cristiana e in ogni momento siano
segnalati agli occhi del pubblico come ebrei e saraceni per
mezzo del tipo del loro abito".
Contatti :
catiamancini@gmail.com
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